Il diavolo custode
di Marco Celati - martedì 12 luglio 2016 ore 18:36
Stava dormendo, forse era in fase Rem, quella del rapido movimento degli occhi da cui, dicono, provengano i sogni, spesso peggiori di quelli che si fanno ad occhi aperti. Quando ad un tratto: un fruscio, un rumore più secco, qualcosa lo sveglia. Accende la luce sul comodino che è di quelle a risparmio energetico, che partono piano. Come la coscienza che si riprende a fatica dal mondo oscuro in cui ci precipita il sonno. Dorme con la porta chiusa. Il rumore continua, proviene dalla stanza del soggiorno che funge anche da cucina: la casa è piccola.
Sì, c'è qualcuno!!! Il cuore mi salta nel petto. Sono entrati i ladri! Aiuto! Un grido silenzioso si strozza in gola. Sono già stato visitato dai ladri, ma quella volta non ero in casa. C'è una bella differenza! Penso di lasciarli fare e rimanere coraggiosamente sotto le coperte, scelgo la vita, antepongo l'essere all'avere. E rimango così, in silenzio, immobile a letto. Se ne andranno, c'è poco o niente da rubare. E se entrano in camera? Fingo di dormire? Sarà gente violenta? Resto nel buio della stanza, chiudo gli occhi. Se non vedo penso che non mi vedano, se chiudo gli occhi spero di diventare invisibile come credono i bambini, quando lo fanno.
Lo spavento, dopo una botta di adrenalina, mi scarica addosso una spossatezza che non si sostiene, come il segno di una resa invincibile e così mi addormento di nuovo e sprofondo in un sonno incosciente. Quando riemergo verso la consapevolezza di me e delle cose è più tardi, ma non so che ore sono, a che punto è la notte. La stanza è avvolta nella penombra, fuori il buio cede forse al primo offuscato chiarore. La prostata reclama la sua urgente incombenza. La casa è silenziosa. Mi alzo, vado in bagno. Poi torno verso il letto, ancora assonato, ho sete. Mi dirotto in cucina per bere, accendo la luce e lo vedo!
Questa volta grido di paura: c'è un essere rannicchiato sul divano che mi guarda. Non è umano, non sembra. Sembra un uomo pipistrello, è vestito di nero, ha piedi e mani nudi come di rettile, un volto lungo verdastro e strane protuberanze, forse ali, raccolte dietro le spalle. Grido ancora!
«Che urli?» Mi sussurra «É ancora notte, sveglierai i vicini.»
«Chi, chi sei?» Balbetto impaurito con un filo di voce.
«Come chi sono? Non vedi? Il diavolo probabilmente...Sono Belzeba, il tuo diavolo custode.»
Mi guarda con occhi strani, si aspetta una risposta che non viene subito, sono atterrito e il cuore in tumulto comprime il respiro.
«Come?! Come, diavolo custode!? Non era angelo custode, semmai?»
«Vedi angeli qui in giro? Il mondo, la vita non sono roba da angeli. I signorini e le potte incipriate se ne stanno in ufficio. La Terra non è un Paradiso, è più roba per noi, poveri diavoli!»
La paura continua, ho un tremito che riesco a malapena a contenere o dissimulare, non so che dire, sono senza parole, sto a testa bassa. Ci sto di solito per timidezza davanti alle persone, figuratevi davanti a un diavolo! Gli osservo con ribrezzo i piedi e le mani di rettile. Se ne accorge.
«Che guardi?»
«Le mani e i piedi: sembrano di tarantola!»
«Lo sono. Ti tengo d'occhio da un pezzo e sono già comparso per casa in una delle mie più riuscite interpretazioni: il geco.»
«Eri te, allora, che scorrazzavi sulle travi e lungo le pareti? Ma ti ho ucciso!»
«Vedi che l'uomo sa essere crudele, alla fine? E anche tu, se t'impegni» mi sussurra «ma non mi hai ucciso: sì, il corpo, la spoglia mortale, ma non l'anima. Lo sai o no che quella è immortale?! Non ti hanno insegnato niente al catechismo?»
«Che c'entra» rispondo «il catechismo è per i buoni e l'anima è lo spirito del bene.»
«Sciocchezze, l'anima è sempre l'anima: l'essenza del bene e del male. E non necessariamente in quest'ordine. Anche tu di questo sei fatto: di male e di bene.»
«Più male che bene, presumo.»
«Appunto, per questo sono qui: per darti assistenza.»
Darmi assistenza per cosa? Pensavo e mi faceva strano sentire quell'orribile creatura, un diavolo, parlare di anima, sia pur nell'accezione di unità spirituale mista di bene e di male: una visione certo non manichea. Ma di anima si parla in genere come qualcosa che tende al divino. Oppure, per i non credenti, come un'astrazione dell'essere: l'essenza trascendente e terrena dell'io. Ma un diavolo che parla dell'anima non si era mai sentito.
«E perché un diavolo non dovrebbe parlare dell'anima?»
La domanda mi fa trasalire di sorpresa e spavento: mi legge nel pensiero!
«Anche noi eravamo angeli: avrai sentito della caduta degli angeli ribelli?! Eravamo rivoluzionari come te da giovane. Non come ora che sei diventato un "pompiere": un moderato di centrosinistra. Eravamo portatori di luce, volevamo sovvertire le regole, le gerarchie, anche quelle più in alto. Ma siamo stati sconfitti, scacciati. Siamo angeli un tempo decaduti, divenuti diavoli per sempre. Dopo la nostra caduta c'è stata assegnata la rappresentazione del male, come se fosse separabile dal bene. E la conduzione delle anime malvagie, come se la malvagità non coabitasse con la bontà in voi, fino alla vostra morte e anche oltre.»
A queste parole sono preso da un dubbio atroce: forse è per questo che mi fa visita il diavolo? Forse i miei demoni sono arrivati a capolinea e mi presentano l'ultimo conto insolvibile: ne ho fatte tante nella vita e ora le sconto tutte.
«Devo morire? Sei qui per questo? Per portarmi via?» Chiedo con ansia.
«No, perché? Per chi mi hai preso? Non sono mica la nera signora, la grande falciatrice, la morte, insomma. Sono un diavolo, il tuo diavolo per capello, anche se ormai in capo non te ne sono rimasti più; il mio ruolo è diverso e va al di là della vita e della morte. Vuoi sapere quando sarà?»
«No, no grazie, non ci tengo affatto. Come si dice? Sarà quel che Dio vorrà.»
«O quel che il diavolo vorrà...»
«Fanculo!»
«Prego?»
«Niente.»
Che prego e prego, non hai capito? Non leggi nel pensiero? Pensavo. E poi un diavolo che dice "prego" nemmeno quello si era mai sentito.
«Ma io sono un buon diavolo!»
«Ovvia! Avevi capito, allora! Forse, sei venuto per comprarmi l'anima?!»
«Ma chi ti credi di essere, Faust? Ti garberebbe! Quella è letteratura vera. Mica quelle cazzatelle che scrivi te! Comunque noi non compriamo le anime, ci limitiamo ad indirizzarle, dando loro cattivi consigli: i migliori. Le tentazioni irresistibili, le passioni più morbose, l'affermazione di se', la sana cattiveria, l'appagante egoismo, il potere che non accetta il suo contrario: che c'è di meglio al mondo? È il fascino discreto e banale del male.»
L'essere si distende sul divano, da appollaiato che era. La paura è sempre paura, ma subentra una certa confidenza.
«Belzeba, ti chiami? Che nome strano, non è da donna?»
"Belzeba, della stirpe di Belzebù. Semmai un nome neutro: né da uomo, né da donna. Come gli angeli anche noi siamo asessuati, purtroppo.»
«Vi perdete il meglio.»
«Ho paura di sì. Perciò facciamo in modo che non ve lo perdiate almeno voi, dotati di sesso e di libero arbitrio. E te sei un buon soggetto: le volte che ti ho tentato non hai mai resistito.»
«Ho paura di no.»
D'altra parte come diceva Oscar Wilde? "Posso resistere a tutto, tranne che alle tentazioni". E Alicia Giménez-Bartlett, riprendendo un altro noto aforisma dell'illustre irlandese? "Il modo migliore per sottrarsi a una tentazione è caderci dentro", chissà se a caso da "Una sinistra speranza". Ho avuto cattivi maestri, non è colpa mia.
Sento la stanchezza della notte e della vita entrambe sprecate, quasi mi si chiudono gli occhi, domando un cosa ancora.
«Mi togli una curiosità? Perché si dice che il diavolo fa le pentole e non i coperchi?»
«Che diavolo ne so. Non m'intendo di pentole, tantomeno di coperchi: è un modo di dire, come un altro. Forse perché l'importante è tentare: tentare, tentazione, tentatore, tentativo hanno la stessa origine. Come va a finire, in fondo, non importa. Delle rifiniture che ci frega? È come quando dite: non è la meta che conta, ciò che conta è il viaggio.»
Non ragionerebbe nemmeno male. Anche se dicono che il diavolo si cela nei particolari. Di un contratto ad esempio: quelle cose scritte in piccolo che ti fregano. Demoni ne ho incontrati nella vita: il demone della politica, quello della scrittura. Così si dice: "demoni", per dire delle passioni irresistibili. Passioni mai sopite di cui nemmeno mi pento. Perché dovrei? Chissà, magari il diavolo non è come lo si dipinge. O forse sono i suoi ferri del mestiere e proprio in questo la sua arte consiste. Pensavo così mentre l'uomo pipistrello dagli arti di rettile, seduto sul divano, mi fissava con uno sguardo che sembrava compiaciuto. Leggeva ancora i miei pensieri? Nulla dunque poteva sfuggire di me al mio diavolo custode? Pensavo questo e mi sentivo stanchissimo, rincoglionito. Forse dal sonno, da questo incontro terrificante o forse dall'età, dagli anni che sono passati, dalla vita che non torna e non si risolve: come l'amore, il lavoro, come la politica, come ogni cosa. Ci vorrebbero più forza, più decisione, anche più cattiveria. O forse più bontà d'animo? Saperlo.
Devo aver chiuso gli occhi perché tutto all'improvviso si è fatto buio. Non so per quanto tempo. Sentivo un rumore che mi risvegliava dal torpore, un suono ossessivo: la sveglia sul comodino!!! Sono a letto, guardo l'ora: è giorno! Qualcosa riaffiora alla memoria, ma allora...Che sogno incredibile, sembrava vero! I sogni a volte lo fanno questo effetto. Assurdo! Meno male, però: un incubo, ma solo un sogno e nulla più. È finita.
Non deve far tardi, si alza dal letto, apre le imposte, dà aria alla camera, luce alla casa. Gli piace la luce del primo mattino, quando il sole è da poco spuntato dietro la collina. Mette a bollire il pentolino dell'acqua per il tè. Dove diavolo sarà finito il coperchio? Non lo trova. Eppure era qui, nello scolapiatti. Maledice il suo disordine: perde tutto, è un mistero! Si lava, si veste per uscire di casa. È una bella giornata. Sulla trave del tetto un geco, si aggira non visto. E lo spia.
Marco Celati
Treggiaia, 7 maggio 2016
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Al lettore. "Il diavolo tiene i fili che ci muovono! / Le cose ripugnanti ci affascinano; / ogni giorno verso l'inferno discendiamo di un passo, / senza orrore, attraverso le tenebre maleodoranti."
Charles Baudelaire, "Les Fleurs du mal"
Marco Celati