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martedì 10 dicembre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

Il protagonista

di Marco Celati - sabato 23 aprile 2016 ore 15:12

Non ho idea di cosa scrivere ancora. Forse non dovrei farlo, allora. Purtroppo per me e per gli incauti, sia pur improbabili, lettori ne sento il bisogno. E non saprei dire se il bisogno prevalente è quello di scrivere o quello di essere letto. Ma non importa, scrivo. La poesia non muta nulla, nulla è sicuro e tu scrivi.

E se lasciassi l'ipotetico protagonista libero di essere se' stesso, altro da me, e lo lasciassi viaggiare nel racconto a suo piacimento, come le parole che scorrono libere nella scrittura? Scrivere senza una storia precisa in testa: il personaggio troverà la sua. Che c'è di diverso in fondo dalla vita vera a cui cerchiamo di dare un senso senza che, spesso, un senso vero ci sia? E pensare di essere protagonisti, senza esserlo davvero.

È un giorno di pioggia, è mattino presto. La pioggia batte sul tetto e potrebbe conciliare ancora un ultimo sonno. Spesso da quel sonno, che ci viene prima del risveglio, vengono i sogni, perché li ricordiamo. Ma l'uomo si alza, apre le imposte, appoggia ai vetri la testa, vede che il tempo non è buono, il cielo è grigio, la pioggia lava il terrazzo e bagna la campagna che si affaccia alla vista dalla finestra di casa.

È un giorno festivo, non giungono i rumori del lavoro quotidiano, piuttosto l'abbaiare dei cani, il cinguettio degli uccelli, gli spari radi della caccia di frodo. La strada, in fondo alla valle, sembra più silenziosa. Lontano, si sente, improvvisa, la sirena di un'ambulanza che rompe il silenzio: qualcuno soffre, qualcuno sta male, un incidente, una corsa a casa e all'ospedale. Poi la sirena si perde e sembra già tutto passato, finito.

L'uomo è in pigiama, si lava, si veste, fa colazione, si siede alla scrittoio sotto la finestra: legge e appunta delle cose su un foglio. Poi alza la testa e sta fermo a contemplare le colline, il cielo, i campi, i colori indefiniti di una stagione incerta, perde tempo e chissà se ne ha. Scrive ancora qualcosa, non si sa cosa scrive. Forse attende una storia, una vita, una stagione migliore. E forse non si capacita di averne già avute di storie, di vita e stagioni migliori. E lui chissà cosa si aspettava, che pretendeva, cosa pensava mai di meritare. Chissà ancora chi si credeva di essere, cosa credeva di valere. Alla fine fa freddo, si mette una maglia, si copre. Riprende a piovere forte. Balena persino, squarcia l'aria il fragore isolato di un tuono. Allora si alza, accende la radio: notizie fanno voci che riempiono le stanze. E canzonette: vivere per i piccoli miracoli, nascosti in certi attimi che non torneranno più. Sono solo canzonette. E questo sembra essere tutto. Tutto avvenuto per caso? Chi può dirlo.

L'uomo era arrivato in quella casa dopo molti traslochi, non tutti spontanei. Dicono avesse molto amato, ma non era poi così vero. Una fama usurpata. Se avesse amato davvero forse non sarebbe in quella casa. Dicono avesse vissuto abbastanza, avesse avuto incarichi di grande responsabilità e ne conservasse ancora. E forse era anche vero, ma in quella casa a mezza collina, con la pioggia che picchia sul tetto e risuona triste e consolante sulle travi di legno, non conta poi molto, in fondo, e rimane soltanto una nota sospesa alla fine di tutta la storia. Ancora canzonette: che tutta la vita in fondo lo sia? Una canzonetta, voglio dire. Sarebbe una liberazione! Ma no, la vita è una cosa maledettamente seria, per essere una breve candela che si spegne, un'ombra vagante: un povero attore che si pavoneggia e si agita per la sua ora sulla scena e poi tace; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore che non significa nulla. Oppure è una valorosa e improbabile battaglia donchisciottesca contro i mulini a vento della Storia: quella con la "esse" maiuscola, che niente ha a che vedere con le nostre storielle, con i racconti brevi delle nostre leggere o pesanti esistenze.

Suonano alla porta. Forse è una donna, forse la sua, che gli dice: muoviti, c'è la spesa da fare. O ancora meglio: partiamo, andiamo al mare, sugli scogli a Marina, quando piove il mare è quasi più bello; poi si pranza sulla terrazza coperta di un ristorante, ci sarà per noi una terrazza di un ristorante dove si può mangiare qualcosa a base di pesce, mentre piove e il mare si muove.

Continuano a suonare alla porta. Saranno amici e compagni, sono venuti a parlare: le cose non vanno, che ne pensi, facciamo qualcosa, fissiamo un incontro, ci muoviamo. Ma che devo pensare?

Suonano ancora. Un attimo, scendo. É una vecchia casa di contadini, rimessa a nuovo, non c'è l'apriporta. Sarà l'ufficio: c'è da firmare un'istanza, la convocazione del Consiglio. Sarà successo qualcosa al servizio? Devo andare in azienda!

Sbircio dalla finestra: è una coppia, un uomo e una donna che non mi sembra di conoscere. Ora apro. Buongiorno, desidera? Troppo affettato.

Buongiorno, che c'è?

Scusi l'agriturismo è disponibile?

No guardi, l'agriturismo è la porta accanto, quella dei proprietari; si rivolga a loro.

Grazie, scusi.

Niente, si figuri.

Chiudo la porta, rientro in casa. Vaffanculo te e l'agriturismo. E questo è tutto davvero. La scrittura a volte è magica se, e non è questo il caso, è buona scrittura. Ma è inutile lasciare al protagonista la libertà di scriverle, le storie. Le storie non vengono mai da sole. Bisogna andarsele a cercare oppure bisognerebbe saperle vivere quando accadono.

Marco Celati

Treggiaia, 23 Aprile 2016

Il 23 Aprile è la giornata mondiale del libro e del diritto d'autore. Il giorno è stato scelto perché coinciderebbe con la data della morte di William Shakespeare e di Miguel de Cervantes Saavedra, anche se, in realtà, il primo morì con il calendario Giuliano, mentre il secondo con quello Gregoriano e quindi dieci giorni prima. La lettura è importante, a volte più che la scrittura. La scrittura e la lettura dei grandi autori lo sono in pari grado. I diritti d'autore ai tempi di Shakespeare e Cervantes non credo ci fossero. Al primo, la luce delle cui opere illumina persino le ombre della biografia, non sarebbero stati così necessari: alla fine fu ricco. Avrebbero fatto assai più comodo al tribolato Cervantes che, nonostante il suo Don Chisciotte o forse proprio per quello, visse e morì povero in canna.

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati