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Cronaca martedì 10 maggio 2016 ore 16:24

Sfruttati nei campi come schiavi

Due coniugi pakistani a capo dell'organizzazione che ogni mattina trasferiva gli immigrati da Prato al Chianti per massacranti turni di lavoro



PRATO — L'organizzazione è stata scoperchiata dall'inchiesta della procura di Prato coordinata dal sostituto procurato Antonio Sangermano. Sua la definizione di 'schiavi moderni' applicata agli immigrati che ogni giorno, alle 5.30, venivano prelevati in via Marx a Prato, nei pressi della declassata che porta fuori città. 

Da lì erano trasferiti a lavorare nei campi di aziende vitivinicole che al momento risultano estranee alla vicenda. Gli uomini lavoravano per pochi spiccioli e spesso erano picchiati. 

I coniugi a capo dell'organizzazione, due imprenditori pakistani di 38 e 43 anni, erano titolari di due ditte. Alle dipendenze dell'uomo risultavano 115 persone, mentre alle dipendenze della moglie ce n'erano 50. Secondo gli investigatori si tratterebbe di società fittizie, create apposta per garantire lo status di lavoratore ai profughi che nei primi sessanta giorni sul territorio nazionale non possono per legge essere titolari di contratti di lavoro.

Nel corso dell'inchiesta, la procura ha predisposto videoriprese nei campi dove gli immigrati lavoravano e controlli sui camion usati per i trasferimenti. Alla fine le immagini hanno confermato l'ipotesi degli inquirenti. 

Dodici gli indagati. A sette persone di origine pakistana, insieme ai due coniugi di 38 e 43 anni è contestata l'associazione a delinquere per lo sfruttamento di lavoratori stranieri irregolari.  Ci sono anche tre professionisti di Prato,  commercialisti e consulenti del lavoro, tra gli indagati. Quattro le aziende del Chianti che hanno ricevuto la manodopera.


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