Cronaca

Schiavi fra le vigne del Chianti, arrestati in tre

In carcere tre curdi accusati di aver pesantemente sfruttato e maltrattato quaranta braccianti stranieri, dipendenti di una società grossetana

Nuova operazione contro il caporalato in Toscana. Questa mattina all'alba i carabinieri della compagnia di Poggibonsi, coadiuvati da alcuni ispettori del lavoro, hanno tratto in arresto tre immigrati di origine curda con l'accusa di sfruttamento e intermediazione illecita, il termine tecnico con cui viene indicato il reato di caporalato. Si tratta di due fratelli di 34 e 42 anni e di un caposquadra di 28.

Nel corso delle indagini, coordinate dalla procura di Siena, i carabinieri hanno raccolto un'ampia documentazione sulle terribili condizioni di vita di una quarantina di braccianti stranieri, impiegati da una società contoterzista per servizi in agricoltura con sede a Castel del Piano. Gli operai erano costretti a lavorare nelle campagne del Chianti con paghe bassissime (sei euro e mezzo all'ora contro i 9,7 previsti dal contratto, senza alcun riconoscimento per il lavoro straordinario o festivo) e con orari estenuanti, fino a dodici ore al giorno. Sfruttando la manodopera straniera, la società era arrivata a fatturare più di cinque milioni e mezzo di euro all'anno. Ora è commissariata. Oltre ai tre curdi finiti in carcere ci sono altre tre persone indagate. 

Gli inquirenti stanno esaminando anche la posizione di numerose aziende agricole con sede nelle province di Siena e di Grosseto che hanno usufruito dei servizi della società di Castel del Piano.

Gli operai vivevano in due appartamenti-dormitorio situati a Castellina in Chianti e venivano accompagnati sui campi a bordo di alcuni furgoni. Spesso subivano vessazioni e maltrattamenti ed erano costretti a versare parte del loro magro compenso ai tre curdi per acquistare gli attrezzi agricoli che poi dovevano utilizzare nei campi. I militari hanno rilevato anche disparità di trattamento economico a seconda dell'etnia degli operai: quelli di origine curda come gli arrestati venivano pagati di più rispetto a quelli di altri paesi, soprattutto se di origine africana.

L'inchiesta è iniziata dopo che un cittadino aveva segnalato alle forze dell'ordine il degrado dei due alloggi di Castellina occupati dai lavoratori agricoli stranieri.